Cosa lasciamo andare e cosa vogliamo far entrare nel nostro nuovo spazio?
- Serena Sangalli
- 3 giorni fa
- Tempo di lettura: 3 min
Quando progetto uno spazio per qualcuno, una delle prime cose che faccio è entrare nella loro vita: osservo i gesti, ascolto le abitudini, provo a capire cosa deve rimanere e cosa invece può cambiare.
Disegno ambienti pensati per chi li vive, non solo per gli oggetti che li abitano.
Questa volta lo spazio da progettare è il mio...e questo cambia tutto.
Ho iniziato a osservare la nuova casa non solo come un luogo da completare, ma come un contenitore di ciò che sceglieremo di far entrare. E da quel momento la domanda che mi accompagna in ogni stanza immaginata è diventata una sorta di lente: cosa teniamo, cosa lasciamo andare e cosa vogliamo far entrare?

Nella casa in cui viviamo ora (una casa in affitto, nata come soluzione temporanea) abbiamo acquistato alcuni arredi che ci hanno aiutato a costruire un senso di appartenenza. Li abbiamo scelti con cura, ci piacciono ancora, e funzionano bene nella vita di oggi.
Eppure mi chiedo: hanno ancora un posto nella casa che arriverà? Li tengo perché sono belli e ancora validi… o perché raccontano una parte di noi che forse sta già cambiando? Un mobile non è mai solo un oggetto. È una scelta fatta in un momento preciso, con un certo modo di vivere in mente. Alcuni arredi sono stati perfetti per accompagnarci in una fase di transizione, parlano di un tempo in cui cercavamo stabilità anche in un luogo provvisorio. Ho capito che progettare non significa solo riempire uno spazio, ma scegliere quali storie continueranno a viverci dentro.A volte tenere qualcosa è un modo per riconoscere una radice.Altre volte lasciarlo andare è un modo per permettere allo spazio di accogliere una versione nuova di noi.
Non è solo una questione di “non accumulare”, ma di essere fedeli a ciò che vogliamo diventare, non solo a ciò che siamo stati.
Come decido cosa tenere, cosa lasciare andare e cosa far entrare - le 5 domande guida
1. Lo uso ancora davvero?
Mi serve nella vita che faccio oggi o è qualcosa che tengo “nel caso” o per abitudine?
👉 Chiediti: lo usiamo spesso o è lì solo per occupare spazio?
2. Ha un posto preciso nella nuova casa?
Posso già immaginarlo in un punto definito, senza forzarlo o adattarlo con compromessi?
👉 Chiediti: so già dove andrebbe oppure sto cercando di trovargli un posto a posteriori?
3. È facile da vivere o rischia di diventare un problema?
È pratico, gestibile, funzionale al nostro quotidiano o richiederebbe troppe cure/attenzioni?
👉 Chiediti: facilita la vita o me la complica?
4. Porta valore o solo ricordo?
Mi fa stare bene perché aggiunge qualcosa alla nuova casa oppure lo tengo solo per affetto o senso di colpa?
👉 Chiediti: mi fa piacere pensare di usarlo ancora o lo conservo solo perché “ormai ce l’ho”?
5. Lo sceglierei ancora oggi se dovessi ricomprarlo? Se lo vedessi ora in un negozio, lo riporterei a casa (con questa nuova casa in mente)? 👉 Chiediti: se non fosse già mio, lo vorrei davvero? Alla fine, questo processo non riguarda solo gli oggetti, ma il modo in cui scegliamo di vivere. Non sto cercando di tenere o eliminare per principio, ma di capire cosa ha ancora senso nella quotidianità che stiamo costruendo.
Voglio che ogni cosa che entrerà nella nuova casa abbia un ruolo chiaro: perché serve, perché funziona, perché rende la vita più semplice o più bella, non solo perché “c’era già”.
E mentre scrivo queste domande, so che valgono anche per me.
Sto ancora decidendo cosa resta, cosa lascia andare e cosa ha spazio per entrare.
Sto attraversando anch’io questo processo, un oggetto alla volta, una decisione alla volta.
E forse è proprio questo il vero inizio dell’abitare: scegliere consapevolmente cosa vogliamo far entrare nella nostra vita, prima ancora che nello spazio.

Commenti